Perché glorifichiamo il superlavoro e ci rifiutiamo di riposare
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Buona lettura!
Perché glorifichiamo il superlavoro e ci rifiutiamo di riposare
Nessuno di noi vuole ammettere che preferirebbe sentirsi sopraffatto piuttosto che deluso. In effetti, spesso proviamo un maggiore senso del nostro valore quando lavoriamo rispetto a quando non lo facciamo. Lavorare non è solo un modo per tenerci occupati, ma anche per dimostrare il nostro valore – agli altri e a noi stessi.
Il risultato è che senza mettere i giusti paletti, concordiamo silenziosamente con i datori di lavoro che ci incoraggiano a lavorare troppo attraverso un’intensa pressione per ottenere risultati. In questo articolo trovi alcune strategie utili se ti ritrovi a lavorare in modo compulsivo, compreso riconoscere onestamente la tua tendenza a lavorare per ore ed ore senza mai staccare, né dare priorità al sonno, al movimento e allo scegliere un'attività al di fuori del lavoro che ti dia vero divertimento.
Un italiano su cinque non è convinto di saper riconoscere una bufala
Oltre un italiano su cinque crede di non avere le competenze giuste per riconoscere le fake news .
C’entra senza dubbio il fatto che negli anni le bufale e le notizie manipolate si sono fatte sempre più «sofisticate» e «difficili da scoprire»: così le ha definite oltre il 76% del campione del terzo Rapporto Ital Communications-Censis sulla “Disinformazione e fake news in Italia”.
Non sorprende così che anche gli italiani che hanno più familiarità con il linguaggio, la logica, le regole dei media si dicono convinti di saper riconoscere le notizie false o non verificate, anche se solo in parte: è così per oltre il 61% dei rispondenti allo studio.
Google DeepMind ha lanciato uno strumento di watermarking per le immagini generate dall'intelligenza artificiale
È la prima azienda Big Tech a lanciarne pubblicamente una, dopo che un gruppo di loro si è impegnato a svilupparli alla Casa Bianca a luglio..
Stereotipi a colori - Piccola guida ai pregiudizi e ai bias cromatici
Il rosa è per le femmine, l’azzurro per i maschi. Il viola porta sfortuna, le persone 60+ hanno i capelli bianchi, il blu è il colore dell’autismo, tutto ciò che è verde è sostenibile. Il color carne è solo un rosa pallido. Ma è davvero così?
Il colore è un codice e, come tale, non è neutro, come potremmo pensare, ma plasmato dalla nostra esperienza e percezione. Proprio per questo suo potere evocativo, è da sempre utilizzato per raccontare delle storie, che entrano nell'immaginario collettivo. Cosa succede quando il colore non è più un alleato per capire meglio la realtà, ma diventa uno strumento di stigma per definire una persona o una categoria di persone oltre la loro volontà?
Uno studio sulla fragilità, l’accettazione e la resilienza
L'illustratore Dwayne Huang è specializzato nel rappresentare i piccoli e autentici momenti della fragilità umana. E nella sua serie The Doomsday, li cerca con le immagini di un asteroide in collisione con la Terra.
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